Nel nostro ordinamento, il leasing finanziario[1] è una particolare tipologia di finanziamento alle imprese e ai professionisti che prevede l’acquisto da parte di un soggetto concedente, lessor, ad un terzo fornitore, di un bene strumentale all’attività imprenditoriale o professionale, su indicazioni di un secondo soggetto denominato utilizzatore o lessee; quest’ultimo, dietro corrispettivo di un canone periodico determinato di concerto con il soggetto concedente, commisurato al prezzo di acquisto o di costruzione del bene stesso nonché alla durata del contratto, dispone e gode del bene per un periodo di tempo prestabilito. Il lessor conserva e mantiene, a garanzia del finanziamento concesso, la proprietà del bene mentre il lessee ne assume tutti i rischi ordinari e straordinari.

Al termine del periodo di locazione dedotto in contratto, l’utilizzatore ha facoltà di optare per la restituzione del bene al concedente, rinnovare il contratto di leasing oppure, ancora, acquistarne la proprietà ad un prezzo concordato già al momento della stipulazione del contratto corrispondente al valore residuo.

Essendo una fattispecie di finanziamento relativamente recente ed in costante evoluzione, il leasing si caratterizza per una disciplina civilistica estremamente frammentaria ed incerta, ricavata, per lo più, dal dato giurisprudenziale e dalle poche e non esaustive leggi promulgate a partire dagli anni ’50 fino ai giorni nostri, quando il Legislatore ha emanato la Legge n. 124/2017, denominata “Legge annuale per il mercato e la concorrenza”, composta di un solo articolo suddiviso in 192 commi di cui i numeri 136, 137, 138, 139, 140 sono dedicati alla disciplina del contratto di che trattasi.

Per quanto riguarda la struttura, il leasing è considerato un contratto unitario dal punto di vista dell’operazione economica mentre, giuridicamente, esso è il risultato del collegamento negoziale di due distinti ed autonomi contratti bilaterali: quello di compravendita, che vede parti il fornitore ed il concedente, e quello di locazione finanziaria in senso stretto concluso, invece, tra il concedente ed il soggetto utilizzatore.

Al pari del contratto di compravendita, anche il contratto di leasing in senso stretto è un contratto consensuale a prestazioni corrispettive e,
ove si accetti la tesi secondo la quale il contratto di leasing è un contratto di finanziamento, si accetta che, ai sensi del combinato disposto degli artt. 115 comma 1 e 117 comma 1 della Legge Bancaria[2], esso debba essere necessariamente redatto in forma scritta[3].

Oggetto del contratto di leasing possono essere sia beni immobili[4] che beni mobili quali, ad esempio, macchinari di impresa, apparecchiature industriali nonché sistemi informatici.

Non solo, anche autoveicoli, motoveicoli, aeromobili, imbarcazioni e finanche opere d’arte sono frequentemente beni che vengono concessi in locazione finanziaria.

Inoltre, si segnala che, dato il sempre più frequente utilizzo di tale forma di finanziamento da parte dei privati[5], non mancano casi in cui oggetto del contratto sono anche beni di consumo.

Con riguardo alle obbligazioni che i soggetti assumono, occorre anzitutto elencare quelle del fornitore: costui assume, in un primo momento, obbligazioni solo nei confronti dell’utilizzatore; tali obbligazioni sono sottoposte alla condizione che successivamente si verifichi l’adesione del concedente all’accordo. Quando il concedente aderisce, gli obblighi nascenti dall’accordo spiegano effetti nei confronti di tutte e tre le parti. Primo dei tanti obblighi che il fornitore deve adempiere è quello di vendere ad una società di leasing il bene opzionato dal lessee e ciò deve avvenire nella modalità ed al prezzo concordati. Una seconda obbligazione nascente dal sinallagma vincola il fornitore a consegnare il bene all’utilizzatore nel luogo e nel termine contrattualmente pattuiti. Qualora ciò non accada, la mancata consegna del bene integra fattispecie di inadempimento nei confronti sia del concedente sia dell’utilizzatore e si concreta, per il primo, nella privazione della garanzia oggettiva che il bene per lui rappresenta e, per il secondo, nella privazione della possibilità di usufruire del bene. Nell’eventualità che una delle parti dovesse agire per la risoluzione del contratto per inadempimento dell’utilizzatore, una terza obbligazione che generalmente si conviene in capo al fornitore è quella di riacquisto del bene.

Con riguardo alle obbligazioni del concedente – che, come stabilito dalla Legge 124/2017 art. 1 comma 136, deve rivestire la qualifica di banca o intermediario finanziario – costui assume da subito, in forza del collegamento negoziale tra due autonomi e distinti contratti bilaterali, sia obblighi verso il fornitore sia nei riguardi dell’utilizzatore: il lessor è anzitutto obbligato ad acquistare o a far costruire il bene oggetto dell’operazione finanziaria. Da tale obbligo discende direttamente anche quello di dare piena e regolare attuazione all’accordo negoziale, corrispondendo al fornitore il prezzo pattuito e stabilendo tutte le condizioni necessarie a soddisfare l’interesse del lessee. In mancanza di adempimento, si produce un effetto plurioffensivo[6] che espone il soggetto concedente a responsabilità, da una parte nei confronti dell’utilizzatore, dall’altra nei confronti del fornitore per violazione dell’art. 1175 c.c.[7]. Nei soli confronti dell’utilizzatore, il concedente è obbligato a compiere ogni atto necessario a consentirgli di acquisire la piena disponibilità materiale del bene di cui costui intende godere e nello specifico: a sorvegliare che la consegna del bene da parte del fornitore avvenga direttamente nelle mani dell’utilizzatore, correttamente e rispettando modi e termini originariamente previsti; a non porre alcun impedimento al lessee tale per cui egli non sia in grado di godere del bene; a pattuire con il fornitore che l’utilizzatore possa esercitare in via diretta tutti i diritti ed azioni scaturenti dal contratto di compravendita; a trasferire, al termine del contratto, la proprietà del bene all’utilizzatore quando questi avesse deciso di avvalersi del diritto di opzione.

Numerose sono, altresì, le obbligazioni che, nel corso della durata del contratto, deve assolvere l’utilizzatore: anzitutto, obbligo principale ed assolutamente inderogabile è quello di corrispondere alla società di leasing il canone mensile pattuito per il godimento; in ipotesi di mancato pagamento è facoltà del concedente esercitare il diritto di risoluzione automatica del contratto. Tale obbligo sussiste anche ove il bene si dimostrasse inidoneo all’utilizzo per il quale era stato dato in godimento e ciò in ragione del fatto che, al momento di conclusione dell’accordo, si presume che l’utilizzatore abbia consapevolmente assunto tutti i rischi inerenti al bene[8]. Medesimo dovere si ha anche nell’ipotesi in cui il bene dovesse andare distrutto, sottratto o rivendicato da parte di terzi.

Ulteriore obbligazione dell’utilizzatore è quella di fare buon uso del bene, cioè, in altre parole, farne uso secondo la normale destinazione. Da tale obbligo discende, poi, quello di custodire il bene o, altrimenti, il lessee sarà ritenuto direttamente responsabile ai sensi dell’art. 2051 c.c.[9]

Ancora, è indubbio che debba annoverarsi tra gli obblighi dell’utilizzatore quello di sottoporre il bene alla necessaria manutenzione, sia ordinaria che straordinaria.

E’ vietato al lessee apportare qualsiasi modifica strutturale al bene oggetto del contratto che ne determini una diminuzione di valore economico anche se, di contro, sono consentite modifiche migliorative tali, però, da non generare nessun credito a favore dell’utilizzatore nei confronti della società di leasing.

Infine, l’utilizzatore può avere il dovere (dipende dal caso concreto) di assicurare il bene al fine dare piena garanzia al concedente il quale, almeno fino al termine del contratto, rimane unico proprietario della res.

Per quanto concerne lo scioglimento del contratto di leasing, la risoluzione può essere, al pari di tutte le tipologie di contratti sinallagmatici, consensuale, legale oppure dipendere dal verificarsi dei presupposti previsti dalla clausola risolutiva espressa.

Nei casi di risoluzione legale del contratto, costituiscono fattispecie che legittimano la richiesta di risoluzione anticipata del contratto l’inadempimento del fornitore, quello del concedente ed anche quello dell’utilizzatore di cui, in quest’ultimo caso, la Legge n. 124/2017, art. 1 commi 137 e 138, ne ha dettato una specifica disciplina.

Difatti, il comma 137 fornisce una definizione di grave inadempimento mentre il comma 138 si preoccupa di individuare tutte le conseguenze derivanti dall’inadempimento.

 

Avv. Sergio Terzaghi

Dott. Elia Macchi

 

 

[1]Forma di leasing per eccellenza e quella a cui si fa generalmente riferimento quando si tratta della materia. Un’altra forma di leasing accessibile alle imprese è il leasing operativo.

[2]D. Lgs n. 385 del 1993.

[3] Il contratto di fornitura, invece, non è soggetto ad alcun vincolo di forma.

[4]Quando il bene oggetto del contratto è un immobile, è pacifico che esso manterrà un apprezzabile valore del bene allo scadere del termine contrattuale: pertanto, in tali casi la volontà delle parti sarà inevitabilmente preordinata all’acquisto della proprietà del bene.

[5] C.d. leasing al consumo.

[6]G. Ferrarini, La locazione finanziaria, Giuffre’, 2008.

[7] Rubricato “comportamento secondo correttezza”.

[8]Cass., Sez. III n. 7595 del 1995.

[9] Rubricato “danno cagionato da cosa in custodia”.